Precursori elettromagnetici dei sismi ( E.R.Mognaschi )  -  [ Geologia 2000 - http://www.anisn.it/geologia2000 ]

Precursori elettromagnetici dei sismi

5. Gli esperimenti di laboratorio




Sono stati recentemente eseguiti, all'Università di Pavia, alcuni esperimenti, aventi carattere preliminare, in collaborazione con geologi del Dipartimento di Scienza della Terra ed utilizzando alcune apparecchiature del Laboratorio Prove Materiali e Strutture del Dipartimento di Meccanica Strutturale della stessa Università allo scopo di ottenere una conferma sperimentale diretta dell'emissione di segnali elettromagnetici da rocce sottoposte a compressione uniassiale.Fig.3 - Dispositivo sperimentale per la registrazione e l'analisi
di emissioni elettromagnetiche da parte di rocce compresse.

Il materiale roccioso utilizzato era costituito da campioni di gneiss della val d'Ossola (beola ghiandonata), sotto forma di cubi delle dimensioni di 10×10×10 cm3, gentilmente messi a disposizione dal Prof. Ugo Zezza del Dipartimento di Scienza della Terra. Questi cubi, accuratamente lavorati per quanto riguarda il parallelismo tra le facce opposte, sono stati introdotti in una pressa idraulica nella quale la compressione poteva essere aumentata in modo continuo sino a raggiungere la rottura della roccia. Gli esperimenti di rottura dei campioni sono stati effettuati con la preziosa collaborazione del Geom. Michele D'Adamo del Laboratorio Prove Materiali e Strutture. Per i campioni esaminati il carico di rottura era dell'ordine di 105 kg, corrispondente ad una pressione dell'ordine di 103 kg cm -2, che veniva raggiunta in poco più di un minuto.
Accanto al campione di roccia, alla distanza di 2 cm da questo e separata da una parete di plastica, era posta un'antenna costituita da una barra di ferrite lunga 12 cm, del diametro di 1 cm, recante 80 spire di filo di rame smaltato (v. Fig. 3). È stato curato l'isolamento meccanico tra la ferrite ed il campione di roccia in modo da evitare effetti di microfonicità. La ferrite ed il campione di roccia erano racchiusi in una scatola di banda stagnata con la funzione di schermare l'antenna da eventuali segnali elettromagnetici esterni. Un ulteriore schermo era costituito dalle massicce pareti in acciaio della pressa stessa. L'antenna in ferrite era poi collegata, per mezzo di un pezzo di cavo coassiale della lunghezza di circa un metro, all'ingresso di antenna di un ricevitore Sony ICF-2010 sintonizzato sulla frequenza di 500 kHz, con larghezza di banda di 10 kHz. La scelta della frequenza di 500 kHz è stata dettata da due considerazioni: prima di tutto, dalle misure di carattere acustico (11, 12), era noto che lo spettro delle vibrazioni meccaniche nelle rocce sottoposte a frattura era, grosso modo, compreso tra 100 kHz ed 1 MHz; in secondo luogo è molto raro riscontrare trasmissioni radio a 500 kHz e nelle immediate vicinanze di questa frequenza. L'uscita line del radioricevitore era collegata all'ingresso line di un registratore Marantz PMD-222 dotato di cassetta con nastro tipo metal e con l'esclusione del controllo automatico di guadagno. Inoltre il segnale veniva controllato in cuffia durante la registrazione. Sia il ricevitore che il registratore erano alimentati con pile. La prima fase dell'esperimento è consistita nel registrare su nastro i segnali audio corrispondenti alle emissioni elettromagnetiche di 7 campioni sottoposti a compressione sino alla rottura; successivamente i segnali audio registrati sono stati analizzati con un analizzatore dinamico di segnale Hewlett-Packard mod. 35665A. Tutti i campioni hanno mostrato, in corrispondenza della rottura, ed in alcuni casi anche prima della rottura, segnali costituiti da impulsi o, più spesso, da oscillazioni smorzate con intensità ben al di sopra del rumore. All'ascolto questi segnali sembrano brevi crepitii ed assomigliano a quelli prodotti da piccole scariche elettriche.Fig.4 - Evoluzione temporale del segnale a 500 kHz emesso, alla rottura, da un campione di gneiss della val d'Ossola.

In Fig. 4 è mostrato un gruppo di segnali particolarmente significativo come intensità e durata. Ove si tenga presente che l'esperimento i cui risultati sono descritti in Fig. 4 è durato complessivamente 82 s e che i segnali elettromagnetici sono stati osservati in 5 gruppi, gli ultimi 4 dei quali riportati in Fig. 4, mentre il primo è fuori scala a sinistra e precede la rottura di circa 5 s, è lecito ritenere che, qualora, con un'opportuna metodica sperimentale, venisse ridotta la velocità di crescita dello sforzo ed aumentata quindi la durata dell'esperimento, si potrebbe parimenti dilatare l'intervallo di tempo di osservazione dei segnali stessi. In natura l'accumulo di sforzi elastici nelle rocce avviene molto lentamente, nell'arco di anni o di decenni. Fatte le debite proporzioni, per un accumulo di energia elastica della durata di un anno (stadio 1) si dovrebbero osservare i precursori elettromagnetici (stadi 2 e 3) molti giorni prima del sisma.

Esistono naturalmente delle differenze tra la situazione sperimentale che può essere realizzata in laboratorio e quella che si ha in natura; innanzi tutto, mentre in natura le rocce hanno un naturale contenuto d'acqua e si trovano in una determinata condizione di equilibrio per quanto riguarda questo contenuto d'acqua, le rocce estratte e lavorate hanno perso gran parte dell'acqua che contenevano; in secondo luogo gli sforzi uniassiali applicati in laboratorio non creano la medesima situazione che si ha in una roccia che fa parte della crosta terrestre a diversi chilometri di profondità. Tuttavia, sia dagli esperimenti preliminari svolti, sia dai dati riportati in letteratura (3), è accertato che diverse rocce, prima della rottura e non solo alla rottura, emettono sia segnali acustici ed ultra acustici (11, 12), sia segnali elettromagnetici complessi. Questo fatto, pur tenendo presente la varietà e la complessità delle situazioni che si possono incontrare in natura, fa sperare di poter individuare, attraverso uno studio sistematico ed un'accurata analisi delle emissioni elettromagnetiche di rocce in compressione, l'"impronta" elettromagnetica che preannunzia il manifestarsi di un sisma. Da uno studio della dipendenza dal tempo dello spettro di frequenze emesse dovrebbe potersi prevedere il momento del sisma, mentre dall'intensità dei segnali dovrebbe potersi dedurre la magnitudo del fenomeno. Con più stazioni di rilevamento sul territorio sarebbe poi possibile localizzare l'epicentro.


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