Precursori elettromagnetici dei sismi ( E.R.Mognaschi )  -  [ Geologia 2000 - http://www.anisn.it/geologia2000 ]

Precursori elettromagnetici dei sismi

4. Il modello fisico proposto come spiegazione




A questo punto bisogna anche trovare una spiegazione fisica per l'origine dei precursori elettromagnetici; l'ipotesi di un'origine piezoelettrica non può reggere in generale in quanto non tutte le rocce sono piezoelettriche ed in particolare quelle calcaree di nostri Appennini non lo sono affatto. Tuttavia si sa che, prima di un sisma e più precisamente nel primo stadio degli eventi che portano ad esso, le rocce sono sottoposte a sforzi di compressione crescenti nel tempo. Si sa anche che, prima del manifestarsi nei materiali di una frattura macroscopica, si ha la formazione di microfratture che si propagano in modo ramificato all'interno del materiale stesso. Una microfrattura comporta la rottura di molti legami chimici e, se il materiale non è un ottimo conduttore, si creano al suo interno intensi campi elettrici dovuti al fatto che, subito dopo la frattura, la distribuzione delle cariche elettriche (elettroni) non è quella di equilibrio esistente prima della frattura: alcune cariche rimangono da una parte della frattura lasciando dall'altra una mancanza di carica. Viene così originato un dipolo elettrico che esiste per un tempo dell'ordine del tempo di rilassamento T del materiale considerato. Per una roccia con resistività dell'ordine di 106 Ohm.m e costante dielettrica relativa Er ~ 10 risulta T = P Er Eo ~ 10 -4 s, un intervallo di tempo breve, ma sufficiente per permettere la generazione di onde elettromagnetiche. La rottura di un legame chimico tra gli atomi di una roccia comporta inoltre il venir meno di una situazione di equilibrio nella quale, ad ogni atomo, era assegnata una propria posizione di equilibrio nel reticolo cristallino. Di conseguenza gli atomi che si trovano sulla superficie della microfrattura sono sottoposti a forze di richiamo da parte degli altri atomi situati all'interno della roccia, forze non più compensate da altrettante, di segno opposto, dovute ai legami chimici che si sono spezzati. Questo fatto comporta un'oscillazione smorzata degli atomi posti sulle facce della microfrattura e quindi l'esistenza di un dipolo elettrico oscillante. Il dipolo elettrico, che oscilla in modo smorzato, genera emissioni elettromagnetiche smorzate.

L'esistenza di vibrazioni meccaniche nelle rocce sottoposte a sforzi uniassiali di compressione è stata evidenziata trent'anni fa per mezzo di trasduttori piezoelettrici incollati a campioni di rocce (11, 12) in una serie di esperimenti che hanno mostrato che la formazione di microfratture inizia per uno sforzo pari a circa metà di quello corrispondente alla rottura, il numero di microfratture aumenta sempre di più, all'aumentare dello sforzo, sino al momento della frattura della roccia. Da un'analisi dei dati contenuti nelle pubblicazioni (11) e (12), la frequenza degli eventi di microfrattura in funzione dello sforzo è risultata crescente con legge esponenziale, proprio come per la frequenza del QRM elettromagnetico. Più precisamente, indicato con N il numero di eventi di microfrattura rilevati in corrispondenza di uno sforzo x che rappresenta il valore percentuale rispetto allo sforzo alla rottura, si ha:Fig.2 - Numero di eventi di microfrattura osservati attraverso 
emissioni ultra acustiche in un granito (11,12), eq. (3).

N = No exp h(x 100)        (3)                        ove No = 500 ed h = 0.08.

Il grafico relativo all'eq. (3) è rappresentato in Fig. 2.

Poiché nell'esperimento considerato lo sforzo veniva aumentato in modo proporzionale al tempo, così come presumibilmente avviene in natura nella fase di accumulo di sforzi nelle rocce, risulta evidente la stretta connessione tra numero di eventi di frattura in una roccia sottoposta a sforzo e frequenza del QRM elettromagnetico emesso dalla stessa.

È anche relativamente facile comprendere come un segnale elettromagnetico generato per frattura delle rocce possa essere ricevuto nella zona dell'epicentro (se l'ipocentro non è troppo profondo) e non a distanza: infatti l'efficienza di radiazione dei dipoli entro la roccia è piuttosto bassa in quanto la dimensione lineare del dipolo oscillante è molto inferiore alla lunghezza d'onda generata. Inoltre la profondità alla quale vengono generati i segnali, tipicamente sino a 20 km nel caso considerato, fa sì che questi giungano in superficie attenuati.

Naturalmente è possibile che per altre situazioni, cioè per altri tipi di rocce e per l'evoluzione di stati di sforzo che daranno origine a sismi di intensità molto diversa da quella considerata, il modello presentato non sia adeguato.


| «« Prec. | Home Page | Radiogeofonia | Sommario | Succ. »» |