Da Geologia 2000: http://www.anisn.it/geologia2000 - AUTORI: Capaldo, Lisi, Maiuri, Maurizi, Morinelli, Nardi.


Isola di Vulcano


Rilevamento vulcanologico della zona calderica "La Fossa"




Università di Roma "La Sapienza"
Facoltà di scienze MFN

Corso di laurea in Scienze Geologiche
Corso di VULCANOLOGIA 1993
Docente: prof. Trigila

Il gruppo di rilevamento:
(nella foto, da sinistra verso destra)
Adriano Nardi, Andrea Morinelli,
Marco Maurizi, Barbara Maiuri,
Prof. Trigila, Marina Capaldo,
Arianna Lisi.


CONTENUTI:

Tettonica della regione
Il contributo di Vulcano alla vulcanologia
Storia di Vulcano
Il rischio vulcanico
Petrografia e geochimica
Modello petrologico
Il rilevamento

Il Gruppo




TETTONICA DELLA REGIONE



Le isole Eolie sono localizzate nel mediterraneo tra la punta estrema della Calabria e la Sicilia, circa 40 Km al largo delle coste siciliane. Le isole si innalzano dal fondo per circa 2100 m fino al livello del mare per raggiungere l'altezza massima a Salina pari a 947 m s.l.m. Studi recenti sulle rocce dragate dai monti sottomarini nel Tirreno meridionale mostrano che essi sono costituiti di rocce vulcaniche con chimismo prevalentemente CALC-ALCALINO simile a quello delle Eolie.

I vulcani italiani sono in genere allineati parallelamente all'andamento NW-SE degli Appennini e della costa tirrenica. Il sollevamento degli Appennini durante il Terziario medio contemporaneamente a quello delle Alpi, fu accompagnato da una subsidenza del bacino Tirrenico e i vulcani italiani, ad eccezione dell'Etna e del Vulture, seguono proprio il limite tra l'area ribassata e il blocco sollevato (fig. 2a). I centri vulcanici risultano spaziati regolarmente lungo una direzione che va da Sicena verso SUD passando per Roma e Napoli. Gli Appennini, attraversando tutta l'Italia, proseguono in Sicilia fino a continuarsi nelle catene dell'Atlante dell'Africa settentrionale.

Le isole Eolie si collocano nella parte di questa fascia montuosa continua a maggior curvatura. La loro disposizione secondo una stella a tre punte ha spinto molti a proporre l'esistenza di fratture radiali la cui attività comincerebbe al centro per spostarsi verso l'esterno lungo i raggi (fig. 2b). Le uniche bocche attive Stromboli e Vulcano si troverebbero effettivamente all'estremità terminale di 2 raggi. Questi sarebbero da collegare alla subsidenza del Tirreno, dislocata in una serie di blocchi paralleli al margine del bacino stesso e dell'allineamento appenninico. In molte aree vulcaniche le bocche eruttive sono situate in luoghi di frattura che intersecano i blocchi in subsidenza con angolo quasi retto. Le Eolie potrebbero trovarsi su queste fratture separate non continue, ognuna delle quali interseca un blocco della crosta tirrenica. Da ciò deriverebbe anche la diversa natura del vulcanismo per ciascuna isola. [Torna all'indice]




IL CONTRIBUTO DI VULCANO ALLA VULCANOLOGIA



Fu nel 1891 che Mercalli definì per la prima volta l'eruzione di tipo vulcaniano basandosi sulle caratteristiche dell'eruzione di Vulcano del 1888-1890. Come inizialmente descritto da Mercalli l'eruzione di tipo vulcaniano è caratterizzata soltanto dalla rimozione, dovuta ad esplosione, del tappo craterico e della conseguente emissione di bombe e scorie, accompagnata dalla formazione di una scura nube piena di cenere. Il termine vulcaniano venne quindi applicato limitatamente a quelle eruzioni in cui veniva rimosso il tappo craterico senza che si originassero colate di lava; comunque, poiché di solito si originano anche le colate, il tipo vulcaniano è stato esteso a comprendere anche queste eruzioni. Nel significato attuale del termine il Vesuvio costituisce un esempio di tipo vulcaniano migliore di Vulcano stesso. Le eruzioni di tipo vulcaniano sono probabilmente le più diffuse tra i vulcani del mondo. [Torna all'indice]




STORIA DI VULCANO



L'isola ha un'età di 125000 anni e raggiunge un'altezza massima di circa 500 metri slm estendendosi inoltre fino a 2 Km sotto il livello del mare.Sono avvenute eruzioni in tempi storici a La Fossa e Vulcanello; l'ultima a La Fossa nel 1888-1890 precedentemente nominata.Dopo di allora si sono verificate solo emissioni fumaroliche tra i 100° e i 200°C. Nel 1914 si è raggiunta la massima temperatura di 615°C mentre negli ultimi anni la T è rimasta costante intorno al valore di 300°C.Nel corso del tempo l'attività è andata cambiando da prevalentemente lavica a prevalentemente piroclastica perché la lava era sempre più differenziata in senso acido e quindi generava delle esplosioni fino a terminare con un Ash Flow.

Vi si possono distinguere 6 maggiori unità srutturali:
  • Stratovulcano Sud
  • Caldera del Piano
  • Centri successivi al riempimento della caldera
  • Complesso di Lentia
  • Vulcano della Fossa
  • Vulcanello
STRATOVULCANO SUD: è la parte più antica e più meridionale dell'isola, costituita da uno stratovulcano originatosi nel pleistocene s. a forma di cono troncato alto 400 metri e i cui fianchi hanno una pendenza di 45°; la sommità troncata è formata dalla depressione della caldera del piano. I prodotti vulcanici sono costituiti da un'alternanza di colate laviche trachibasaltiche e con piroclastiti e da uno sciame di dicchi alti circa 300 m la cui composizione è piuttosto simile alla lava della parte sud con alcune eccezioni che mostrano una maggiore affinità alle unità della caldera del piano. I rapporti isotopici K/Ar dimostrano che il cono si è formato in meno di 35000 anni.

CALDERA DEL PIANO:Quando il cono collassa si forma la Caldera del Piano che viene riempita da depositi piroclastici di Ash flow e colate laviche emesse dai centri all'interno della caldera. La composizione della lava va da trachibasalti a trachiandesiti come la parte a sud e lc-tefriti. Il letto di queste lave è datato 99500 anni con il metodo K/Ar e il tetto 78500 anni.(Il collasso era dovuto in parte all'incremento dell'esplosività del magma col tempo).

CENTRI SUCCESSIVI: si tratta di centri isolati distinti dai depositi di riempimento della Caldera del Piano per evidenze strutturali.I centri, concentrati sul bordo della caldera e caratterizzati da attività stromboliana, produssero colate laviche mentre sul fondo della stessa, in subsidenza, l'attività era più a carattere esplosivo. MONTE LUCCIA: Tuff Cone con una colata lavica finale di circa 48000 anni fa. Le lave hanno una composizione trachibasaltica e trachiandesitica. MONTE ROSSO e LA SOMMATA: colate di la va. La parte sud della Caldera della Fossa già esisteva quando Monte rosso si stava formando. MONTE SARACENO: costituito da alternanze di lave e piroclastiti.Rappresenta l'attività più recente prima della formazione della Fossa.

COMPLESSO DEI MONTI LENTIA: è stato formato da un flusso di lava altamente viscosa la cui composizione è riolitica e in piccola parte latitica e trachitica nella parte bassa. Tale struttura sembra essere il residuo di un largo edificio tagliato dalla faglia ad anello della Caldera della Fossa. Secondo le datazioni col metodo K/Ar si è formato 15000 anni fa. Frequenti i domi e le valanghe ardenti (Debris Flow); chimicamente questi prodotti sono assimilabili a quelli di Lipari.

CALDERA DELLA FOSSA: La caldera si è formata con più collassi: nel settore ad est (Monte Luccia) il collasso è avvenuto tra 48000 e 14000 anni fa mentre nel settore ad ovest (Monti Lentia) il collasso è avvenuto tra 15000 e 8000 anni fa (dopo l'ultima glaciazione).

VULCANO DELLA FOSSA: Tuff Cone composto alto 391m con un diametro di 1Km e localizzato in mezzo all'omonima caldera. La Fossa è formato da almeno 4 cicli vulcanici che cominciano tutti con un Surge e terminano con un'effusione lavica. Per spiegare questo trend è stata suggerita una di minuzione di interazione con l'acqua. I prodotti sono costituiti soprattutto da piroclastiti mentre le lave le troviamo solo al bordo più a sud e la cui composizione varia da trachitica a riolitica. Nelle Trachiandesiti si nota che gli strati scoriacei sono molto più spessi di quelli compatti. Il deposito più recente risale all'ultima eruzione (1883).L'ultima eruzione (1888-1890) consistette in lanci di ceneri, scorie e frammenti litici accompagnati da forti esplosioni. Da allora il vulcano attraversa una fase di quiete caratterizzata da intensa attività fumarolica. La zona rappresenta una attuale area di subsidenza.

VULCANELLO: estesa piattaforma lavica tabulare, con tre coni lavici strettamente spaziati situati su un'evoluzione strutturale ENE-WSW, dominata da un recente cono piroclastico composto alto 100m dal quale in una fase tardiva si produsse un flusso di lava differenziata. Apparve come una nuova isola dal 183ac. Eruzioni recenti si verificarono nel VI e XVI secolo, poi fino al 1878 si ebbe solo attività fumarolica, oggi persiste una traccia di attività fumarolica sul pendio più a sud del cono. Fu unito a Vulcano per accumulo di sabbia nel 1550. [Torna all'indice]




IL RISCHIO VULCANICO



Una recente perforazione eseguita dall'AGIP per la ricerca geotermica ha rilevato la presenza di un corpo alla temperatura di oltre 400°C alla profondità di circa 1000m sotto il cratere de La Fossa. Ciò, associato ai terremoti di origine molto superficiale che si verificano presso l'isola, fa supporre l'esistenza di un corpo magmatico molto superficiale e probabilmente molto viscoso e ancora privo dell'energia necessaria alla fuoriuscita.

Se all'interno si verificasse un aumento di pressione causato ad esempio da interazione con acqua marina, o se l'ostruzione del condotto si indebolisse a causa anche delll'attività fumarolica, allora potrebbe verificarsi una nuova eruzione esplosiva. In questo caso il rischio sarebbe altissimo, soprattutto nel periodo turistico. A costituire il pericolo non sarebbe tanto l'effusione di lave poiché, data la viscosità, sarebbero molto lente e produrrebbero danni soltanto alle cose. L'attività piroclastica e soprattutto di surge sono quelle che destano maggiore preoccupazione, specie considerando i precedenti di Vulcano e la vicinanza del centro urbano di Porto al centro eruttivo di La Fossa.Studi recenti e dettagliati hanno portato alla conclusione che un'attività di surge potrebbe distruggere ogni forma di vita su buona parte dell'isola.Anche allo stato attuale però l'area che circonda il cono della Fossa presenta alcuni rischi dovuti alla possibilità di frane a seguito di attività sismica, alla fuoriuscita di gas tossici dalle fumarole o alla formazione di "laghetti" di CO2 nelle zone più depresse in particolari condizioni metereologiche. In conclusione appare evidente che La Fossa è un vulcano altamente pericoloso e da tenere costantemente sotto sorveglianza. [Torna all'indice]




PETROGRAFIA E GEOCHIMICA



La composizione della lava di Vulcano va da basaltica a riolitica con SiO2 tra il 48% e il 73%, caratterizzata da basso contenuto in TiO2 e dal rapporto K2O/Na2O >= 1. Nel diagramma K2O-SiO2 il 95% dei campioni cade nel campo della serie Shoshonitica. La maggior parte dei tipi di roccia ha tessitura porfirica e la loro pasta di fondo è generalmente olocristallina o vetrosa nei termini più acidi. In generale si possono distinguere due serie:
  • serie shoshonitica (da trachibasalti a rioliti)
  • serie lc-tefritica
Durante la fase iniziale dell'attività si ha prevalenza di mafici e lave la cui composizione risulta TB e TA a sud di Vulcano e Caldera del Piano.L'attività più recente è invece localizzata a Lentia e a Fossa di Vulcano dove affiorano rocce intermedie e acide quali TA, TR, RY. Fanno eccezione due affioramenti di Caldera del Piano classificati come basalti alcalini shoshonitici.

VULCANO DELLA FOSSA: sono presenti fenocristalli di cpx, pl, ol in TB, LTF, TR mentre in TR e RY più acide è presente anche il san. Le frequenti inversioni del rapporto pl/cpx per composizioni molto simili mette in evidenza la risalita di magma giovane insieme a magma differenziato, entrambi con una presenza altamente variabile di volatili. I magmi più primitivi sembrano essere rappresentati dai blocchi di lava scoriacea della Sommata (Caldera del Piano) la cui composizione trachibasaltica con basso contenuto in alcali e abbondante Mg suggerisce un fuso originario in equilibrio con un mantello di peridotite idrata. [Torna all'indice]




MODELLO PETROLOGICO



Dai risultati del modello di frazionamento e dalle stime di P, T, H2O dei singoli liquidi differenziati otteniamo le seguenti indicazioni:
  1. I liquidi differenziati di entrambe le serie shoshonotica e lc-tefritica possono essere generate da un singolo magma genitore di affinità basaltica.
  2. Il frazionamento comincia a P>10 Kbar (LTF), a P>7 Kbar (TA), a P>4 Kbar (TB). Tali liquidi intermedi possono essere prodotti da un primitivo basalto shoshonitico con cristallizzazione di una porzione solida (50%-60%) principalmente composta da cpx, pl con poca olivina.
  3. L'acqua stimata per i fusi corrispondenti all'inizio del loro processo di cristallizzazione indica una quantità di acqua nel magma genitore vicina allo 0.5%.
In accordo con i calcoli sul bilancio di massa i fusi LT possono essere generati da un magma genitore. D'altra parte dati di P, T, H2O liq. indicano un inizio di cristallizzazione a P molto bassa non confermata dai risultati del modello magmatico. Le TR e le RY più differenziate possono essere generate da sistemi rispettivamente lc-tefritici e latitici che devono essere considerati aperti, almeno per acqua e alcali, nelle fasi tardive della loro evoluzione.Tali alcali li ritroviamo poi come sublimati e incrostazioni insieme al Cl che indica interazione di acqua di mare con la camera magmatica. Il 20% degli alcali totali viene perso per forte degassazione. Vulcano, come anche Stromboli, può essere distinta dalle altre isole vulcaniche a causa del carattere marcatamente alcalino dei suoi prodotti recenti. Questa peculiarità è stata spiegata come la fase senile di un arco di isole vulcanico. [Torna all'indice]




IL RILEVAMENTO



La zona interessata dal nostro rilevamento è quella coincidente con il bordo calderico della parte centrale dell'isola (denominata Caldera della FOSSA), ai piedi di Monte Rosso e Monte Molineddo ad EST e di Vulcano a NW. La morfologia è caratterizzata dalla presenza di una profonda e ripida incisione (Canyon) sul bordo calderico formatasi in seguito alle ripetute dislocazioni (faglie listriche) che si sono succedute durante il collasso calderico. Un'ampia distesa pianeggiante inoltre, ricoperta da cenere grigia e da un prodotto di surge grigio provenienti probabilmente dal Vulcano, si estende con deboli cambiamenti di pendio dai piedi del cono vulcanico fin sul bordo del canyon.I percorsi effettuati nei 2 giorni di rilevamento hanno coperto tutta la zona con particolare attenzione al canyon (fig. 4), la cui complessa situazione è la chiave per ricostruire la successione dei prodotti vulcanici e dei fenomeni tettonici che interessarono l'intera area. Dalla medesima zona è ben visibile ad W l'attività fumarolica, che interessa fratture laterali del cono facilmente individuabili anche a grande distanza per la presenza di grandi depositi di zolfo precipitato dai gas.

Percorso Il rilevamento inizia dalla stazione [1] lungo il percorso viola (figura qui accanto). I primi 300m, dalla quota 100 alla 160 (bordo del canyon), sono caratterizzati da una distesa di Surge Grigi (ultima eruzione) ricoperti da ceneri, così pure lungo tutta la mulattiera che costeggia il margine superiore del canyon in direzione S-SW. Le ceneri scure sono attribuibili all'ultima eruzione (1888). Al termine meridionale del canyon, circa a(quota 145, sotto le ceneri, appare per un'altezza di 25m un affioramento [2] di lave apparentemente eterogeneo che chiameremo B. La roccia è esternamente ricoperta da una patina rossa simile a vernice costituita da una pellicola di materiale fine incluso in una matrice colloidale derivante da attività idromagmatica. Nell'interno il colore è grigio e sono presenti vescicole micro e macroscopiche spesso ricoperte da prodotti di alterazione e sublimazione (ossidi di ferro, limonite, diopsidi) legati alla fuga di gas durante il raffreddamento. Ad un esame più attento, l'affioramento è suddivisibile in due facies che chiameremo B Sommitale e B Basale. La parte basale è distinguibile per la frattura concoide e una riduzione nelle dimensioni delle vescicole. Si tratta nel complesso di una colata lavica molto viscosa in cui i gas non hanno potuto liberarsi. La base dell'affioramento è a quota 115. Scendendo sul fondo del canyon lungo la verticale dell'affioramento possiamo ricostruire una prima successione locale. Al disotto delle lave B troviamo su entrambi i lati del canyon (siamo ora sul fondo) dai 2 a 4 metri di surge grigio (letti planari, scuri, coerenti di colore grigio plumbeo) che a sua volta sovrasta una nuova lava che costituisce la pavimentazione di questa prima parte del canyon. Chiameremo questa lava lava D. È una lava alterata e brecciata con grossi fenocristalli (diopside=pirosseni). Non presenta frattura concoide e appare ricoperta da licheni. Il suo colore internamente è grigiastro. Il limite tra la lava D e il surge grigio che costeggiano tutto il bordo della gola passa in prossimità della quota 120. Alla testata del canyon, lungo la parete verticale e a ricoprire in parte la lava D, troviamo un deposito detritico a grossi massi di un'ulteriore tipo di lava. Si tratta chiaramente di materiale proveniente dall'alto, di colore grigio, poco vescicolato, che prenderà il nome di A. Andando infatti a controllare a quote superiori, ritornando cioè al punto [2] e salendo in direzione di Monte Saraceno, ritroviamo tra le ceneri del 1888, un affioramento in posto della stessa lava A. Sopra ancora si può individuare una lava ancora diversa denominata a. Il limite tra queste due formazioni passa a quota 190. Proseguendo sul fondo del canyon, circa verso la metà della sua lunghezza, appare sul lato Est la traccia di una imponente attività di smottamento legata al collasso del bordo calderico. Impressionanti specchi di faglia e successioni di prodotti di diversa entità e natura lasciano supporre di appartenere a diversi edifici vulcanici (fig. 6).



Il secondo giro di perlustrazione parte ancora dal punto [1] per seguire il tracciato rosso (fig. 5) verso il punto [4] che ha come riferimento in carta i due alberi (quota 150). Il percorso tende a chiudere quello effettuato nella giornata precedente per avere un quadro completo e più significativo dell'area in studio. Scendendo da qui verso il fondo del canyon, il tragitto è inpervio e caratterizzato dalla presenza di affioramenti sparsi di surge grigio (del 1888), dello spessore di circa 5m, sormontati dalle ceneri del 1888. Si ragguinge così la stazione [5] a quota 115. Qui troviamo sul versante Est surge grigi concordanti su Lag Breccia e sormontati nuovamente da lag breccia. Il surge risulta essere in realtà in contropendenza rispetto alla lag breccia come se provenisse da una direzione opposta (fig. 7). Sopra questa struttura ne troviamo un'altra caratterizzata dalle faglie pericalderiche, a gradini con andamento listrico. I gradini hanno come punto di riferimento il surge rosso.

Dal lato opposto troviamo un deposito di Ash Flow di circa 3 m (quota 125) del tutto simili agli ash flow del passo di Monte Aria (questi depositi segnano il passaggio dall'attività esplosiva a quella effusiva. Si tratta di piroclastiti costituiti da livelli cineritici dovuti a base surge in cui si trovano intercalati prodotti di tipo stromboliano sotto forma di scorie. Ciò è sormontato da surge grigi per circa 4m. Più avanti (punto [6]) appare di nuovo a Est una lava brecciata e alterata assimilabile alla lava D incontrata al punto [2]. L'affioramento è in posto e sormontato da un livello di surge grigio. Ancora avanti e dallo stesso lato, dopo circa 50m, (stazione [7]) si apre un canalone in direzione perpendicolare al canyon principale in cui sembra possibile ricostruire la successione dei prodotti e degli eventi che caratterizzano l'intera area (fig. 8). Qui strati piegati (ad evidenziare uncinatura) introducono in una serie di faglie pericalderiche dal caratteristico andamento a gradinata. Il fondo è ricoperto da un detrito di frana appartenente ad una nuova lava, compatta, di colore grigio, con presenza di frattura concoide, che prenderà il nome di b. La sua posizione suggerisce la possibilità che si tratti di un prodotto esterno proveniente da Monte Saraceno. Sui lati del canale si ripetono con spessore di circa 30 m sequenze di lava D, surge rosso e B basale (dal basso verso l'alto). Si tratta di blocchi compatti che evidenziano lo scivolamento differenziato dei prodotti lungo il bordo calderico.

Questa sequenza di scivolamento è accompagnata lungo il canyon, sul versante opposto, dal surge grigio. Proseguendo, prima di chiudere il giro, si incontreranno dallo stesso lato, depositi di ash flow sormontati da scorie a loro volta a contatto con surge rossi. Le scorie sono molto simili ai bastioni di scorie dei Vulsini. [Torna all'indice]




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