A. Di Carlo e L. La Rocca (lelur@inwind.it) da Geologia 2000 [ http://www.anisn.it/geologia2000 ]

I satelliti artificiali per telerilevamento
di Alessandra Di Carlo e Leonardo La Rocca



INDICE

INTRODUZIONE
PRINCIPI BASE DEL TELERILEVAMENTO
TECNOLOGIA USATA E FUNZIONAMENTO
SATELLITI PER IL REMOTE SENSING
STORIA E SVILUPPO
SATELLITI METEREOLOGICI
SITUAZIONE ATTUALE
DATI AGGIORNATI
APPLICAZIONE NELLA RICERCA DELLE DISCARICHE ABUSIVE

        Università di Palermo
corso di laurea in
Scienze Geologiche
AA 2002/2003

Tesina per il corso di
Prospezioni Geofisiche
del prof. Antonio Cimino




INTRODUZIONE

Il nome di satellite artificiale viene dato in generale a qualsiasi massa materiale (con o senza equipaggio) che sia stata messa in orbita dall'uomo nello spazio; in particolare ci si riferisce sempre a satelliti artificiali terrestri, cioe' che sono in orbita attorno alla terra. Questi satelliti venivano fino a poco tempo fa lanciati dalla terra attraverso un opportuno vettore, di solito un razzo a tre stadi, che li "accompagnava" fuori dall'atmosfera terrestre e li depositava sulla giusta orbita disintegrandosi poi a contatto con l'atmosfera ricadendo verso la terra. Oggi, dato l'elevato costo dei razzi (che venivano persi ad ogni lancio), quasi tutti i satelliti artificiali vengono trasportati sul punto preciso da speciali navicelle spaziali (dotate di equipaggio) che possono compiere piu' viaggi, permettendo anche una piu' efficiente manutenzione dei satelliti stessi. Sono questi ad esempio l'americano Space Shuttle e l'europeo Ariane.

La necessità del loro uso è legata al fatto che i satelliti artificiali possono dialogare tra di loro scambiandosi in tempo reale migliaia di dati, oppure possono trasmettere alle stazioni di terra le informazioni che hanno ricavato con i loro potenti mezzi di analisi e registrazione dall'ambiente che li circonda, oppure ancora possono diffondere istante per istante su ampissime aree geografiche i segnali ricevuti dalla terra. I satelliti artificiali vengono utilizzati prima di tutto nelle telecomunicazioni (telefonate intercontinentali, tv via satellite, telefonini cellulari, internet...); nel telerilevamento e nella meteorologia (per studiare l'atmosfera terrestre e i fenomeni naturali che in essa si manifestano condizionandone cosi' il tempo e il clima); per la navigazione (indicando alle navi e agli aerei le giuste rotte da seguire); per scopi militari (satelliti spia, sistemi antisatellite...).


Schema esemplificativo del prelievo di dati da satellite
Schema esemplificativo del prelievo di dati da satellite


Il motivo del successo dei satelliti artificiali sta, in primo luogo, nel fatto che quando sono in orbita hanno bisogno (a meno di particolari guasti) di pochissima manutenzione, avendo vita molto lunga e, nella maggior parte dei casi, autoalimentandosi mediante lo sfruttamento dell'energia solare. Secondariamente i satelliti artificiali permettono di coprire vaste aree del pianeta (uno solo puo' coprire in ogni istante anche piu' di un intero continente!) permettendo affidabili comunicazioni ad alta velocita' in ogni parte del pianeta e facendo risparmiare i milioni che servirebbero per l'installazione sulla terra di scomodi cavi o ripetitori. Come ultima cosa, ma non meno importante, l'occhio del satellite permette di vedere il nostro pianeta da un punto di vista totalmente diverso, procurandoci un enorme flusso di informazioni e dati in un tempo veramente minimo.

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PRINCIPI BASE DEL TELERILEVAMENTO

Con il termine generico di Telerilevamento si comprendono numerose tecniche per l'acquisizione ed elaborazione di informazioni di vario tipo relative a superfici planetarie. Storicamente il Telerilevamento si sviluppó a partire dalla fine dell'Ottocento con le prime riprese fotografiche da mezzi aerei, utilizzate principalmente per scopi militari.

In quei tempi il vantaggio di questa tecnica risiedeva nella capacitá di acquisire informazioni spesso non altrimenti ottenibili se non con costi e tempi molto maggiori. Negli anni '60, con la corsa allo spazio da parte delle due superpotenze, nacque il Telerilevamento da piattaforme spaziali, anch'esso inizialmente impiegato per scopi militari ma successivamente dedicato allo studio delle atmosfere e delle superfici planetarie. Si comprese rapidamente come lo studio della superficie terrestre poteva beneficiare dell'osservazione dallo spazio e, dopo le prime esperienze degli anni '60 con strumentazione manovrata dall'uomo (sulle piattaforme Mercury, Gemini, Apollo e Soyuz), venne lanciato il primo satellite espressamente dedicato all'osservazione sistematica della superficie terrestre: il Landsat-1. Era il 1972.

Oggi il Telerilevamento é un settore in continua evoluzione, in cui gli ambiti applicativi si espandono di pari passo con i progressi della ricerca tecnologica. Le risoluzioni di osservazione sono arrivate a valori molto elevati anche per i satelliti commerciali e le varie regioni dello spettro elettromagnetico sono utilizzate da sensori tematici multibanda per misurare in modo sempre piú accurato i parametri descrittivi di importanti fenomeni naturali e antropici. . In queste applicazioni si impiegano in genere sensori passivi ottici, capaci di campionare con una risoluzione variabile gli spettri di riflettanza e/o di emissivitá delle aree di superficie sottese all'angolo di vista istantaneo (IFOV) del sensore. In base alla risoluzione di campionamento dello spettro si hanno sensori multi-spettrali, con un numero di bande limitato, quali ad esempio il Landsat Thematic Mapper (6 bande nel Visibile-Infrarosso vicino, 1 banda nell'Infrarosso Termico), e sensori iper-spettrali, caratterizzati da un numero di bande molto elevato, quali ad esempio l'AVIRIS (224 bande nel Visibile-Infrarosso vicino).

L'elevata risoluzione di campionamento dello spettro consente di misurare con precisione la posizione e l'entitá degli assorbimenti di energia dei diversi costituenti dei materiali superficiali, permettendone il riconoscimento remoto.






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TECNOLOGIA USATA E FUNZIONAMENTO

All'inizio dell'era dei satelliti, apertasi con il lancio dello Sputnic, si iniziò a percepire l'importanza che le orbite potevano ricoprire nei caratteri di operatività di questi nuovi strumenti. Per questo motivo,con il passare degli anni e con il perfezionamento delle tecnologie, si andarono delineando due grandi famiglie di configurazioni orbitali. Infatti, per poter avere una costellazione di satelliti ognuno con diverse caratteristiche di operatività non basta solo installare su questo apparecchiature idonee alla misurazione dei parametri che vogliamo misurare ma, dobbiamo dotare il satellite di un' orbita caratteristica che inciderà con il passare del tempo sul periodo di acquisizione. Se per esempio mandiamo in orbita un satellite che viene ricevuto alle 12:00 del mattino non è detto che dopo alcuni mesi riusciremo a riceverlo sempre nello stesso periodo.Esiste quindi un modo per far si che il velivolo spaziale si riesca a ricevere nella stessa fascia oraria della giornata. Questo modo consiste nell'inclinare la sua orbita in modo tale che il satellite venga ad essere sincrono al sole.

Le orbite che hanno una inclinazione minore di 90° non sono sincrone al sole, vale a dire che il periodo di acquisizione del satellite slitta quotidianamente di alcuni minuti ogni giorno.Questo fa si che se in certi periodi dell'anno il satellite sorvoli territori scarsamente illuminati, il che implica periodi di inattività dovuta alla mancanza di energia derivante dai pannelli solari. Sovente si è cercato di porre rimedio a quest'inconveniente installando a bordo del satellite minireattori nucleari che producessero energia sufficiente per l'alimentazione degli strumenti di bordo;questa soluzione,adottata soprattutto dai russi, però non è risultata delle migliori in quanto dava seri rischi per l'inquinamento ambientale e costi piuttosto elevati.Per questi motivi dunque l'orbita non sincrona o diretta, è utilizzata da un esiguo numero di satelliti.

Oltre a questa esiste però un'altra orbita il cui angolo di inclinazione è maggiore di 90° ed in cui il satellite riesce ad essere ricevuto nella stessa fascia oraria durante tutti i periodi dell'anno. Quest'orbita,chiamata eliosincrona pone non indifferenti vantaggi in quanto bastano pochi satelliti per avere un controllo capillare del territorio a livello planetario.
  • Orbita Geostazionaria: eguaglia il moto di rotazione della terra con quello del satellite e fa si quindi che quest'ultimo sia sempre ricevibile.In questo caso quindi un osservatore solidale con la terra, guardando verso il cielo, lo vedrebbe immobile, come se fosse fissato rigidamente alla terra. Questa precisa condizione si viene a verificare solo se il satellite ha una ben determinata altezza rispetto alla superficie terrestre; minore e' la distanza, maggiore e' la forza di attrazione esercitata tra i due corpi, maggiore dovra' essere la velocita' del satellite per evitare di cadere sul pianeta e per rimanere invece quindi su un'orbita stazionaria.

  • Orbita Polare: il satellite ruota attorno ai poli compiendo una rivoluzione del pianeta in circa 90 minuti. Satelliti artificiali polari (a bassa quota) invece che essere posizionati sul piano dell'equatore (come quelli geostazionari), possiedono una inclinazione di circa 90 gradi rispetto ad esso, in modo da sorvolare ad istanti precisi i due poli terrestri. L'orbita e' poi ellittica invece che circolare. Questi satelliti vengono utilizzati soprattutto quando c'e' l'esigenza di coprire in un certo tempo tutti i punti della superficie terrestre. Infatti essendo a bassa quota (900-1000 km), devono avere una velocita' elevata per poter resistere all'attrazione terrestre e quindi ci impiegano minor tempo a compiere un giro completo attorno alla terra. Tipicamente ogni orbita completa attorno alla terra richiede 100 minuti e vengono effettuate 14 orbite al giorno. Di solito un satellite di questa classe e' programmato in modo da passare sopra una data area (per esempio una stazione ricevente) a tempi regolari, ad esempio intervalli di 6 o 12 ore, e il tempo di visibilita' e' soltanto di circa 12-15 minuti.

Ancora oggi sia l'una che l'altra configurazione orbitale vengono comunemente usate, anche se la prima solitamente è prerogativa dei satelliti per le telecomunicazioni di massa o per il commercio, mentre invece la seconda è privilegiata da satelliti a valenza scientifica che richiedono una maggiore vicinanza al pianeta per poter offrire misurazioni accurate dei parametri analizzati.La domanda che nasce spontaneamente è come mai con le tecnologie a disposizione al giorno d'oggi, non possiamo installare sui satelliti geostazionari delle strumentazioni che possano dare un buon grado di risoluzione anche da 36000 Km di altezza, evitando così la messa in orbita di costose ed aggiuntive apparecchiature, il problema è che questa soluzione non è fattibile, in quanto i satelliti geostazionari non riescono ad inquadrare le aree polari del pianeta. Essendo poi queste di fondamentale importanza per numerose scienze quali la meteorologia, la chimica dell'atmosfera e l'oceanografia, ci si può rendere facilmente conto come i satelliti in orbita polare siano indispensabili anche ai giorni nostri.

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SATELLITI PER IL REMOTE SENSING

Questa famiglia di satelliti comprende tutti quei satelliti che, giorno dopo giorno, trasmettono sulla terra le immagini della superficie terrestre, con rilevatori di spettro che coprono parecchie bande, dal visibile, all'infrarosso, alle microonde, permettendo di individuare, seguire e controllare i piu' svariati fenomeni naturali che possono avvenire all'interno dell' atmosfera terrestre, come tempeste, uragani, tifoni. Il satellite rivela in precisi istanti della giornata (sia di giorno che di notte) la posizione delle nubi, la loro densita' e altezza, le temperature dell'atmosfera e del manto terrestre, la loro umidita', e spesso anche la velocita' dei venti. Questi dati vengono inviati ad una stazione di Terra che li unisce a quelli riportati da altre stazioni fisse o mobili (navi, boe, stazioni idrologiche, palloni sonda...) e che in tempo reale li elabora mediante calcolatori particolarmente potenti, fornendo cosi' mappe accuratissime del globo terrestre ed anche stime o previsioni sulle condizioni future! Tutte queste informazioni vengono raccolte e ritrasmesse allo stesso satellite che avra' il compito di diffonderle a tutti i piccoli e medi utilizzatori sulla Terra, mentre contemporaneamente continuera' a rilevare le immagini della nuova situazione metereologica.

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STORIA E SVILUPPO

L'utilizzo dei satelliti artificiali nell'ambito della meteorologia ha inizio con il lancio dello statunitense Tiros 1 (Television Infra Red Observation Satellite) nell'aprile del 1960. Era provvisto di un paio di telecamere, un radiometro a scansione dell'infrarosso e uno strumento per controllare l'ammontare delle radiazioni solari ricevute e riflesse dalla terra. Questo primo esperimento ebbe il successo sperato visto che in seguito furono mandati in orbita numerosi altri satelliti con sempre nuovi sistemi e moderne apparecchiature, formando anche reti satellitari oppure sostituendo quelli ormai in disuso. Oltre agli Stati Uniti, anche altre potenze si buttarono in questo campo che prometteva veramente ottimi risultati. Cosi' nel 1969 vede la luce il primo satellite artificiale meteorologico sovietico, il Meteor 1, lanciato dal Cosmodromo Settentrionale su un'orbita bassa (900 km) e con un inclinazione sull'equatore di 81.3 gradi (quasi-polare), su cui si basano gli odierni satelliti meteorologici del CSI. Anche l'Europa entra nel gioco con il geostazionario Meteosat 1 dell'ESA (Agenzia Spaziale Europea), lanciato il 23 novembre 1977 da vettori americani tipo Delta da Cape Canaveral (Florida) e posizionato sulla parte orientale dell'oceano Atlantico (0 gradi di longitudine). E il Giappone contribuisce con il geostazionario GMS Himawari 1 lanciato il 14 luglio 1977. Contemporaneamente gli americani mettono in orbita le evoluzioni del satellite polare, il Tiros-N denominato poi NOAA e di quello geostazionario, l'SMS/GOES. Ed e' proprio nel 1978 che nasce un esperimento internazionale, il progetto FGGE (First Global GARP Experiment)(GARP = Global Atmospheric Research Program) che coinvolge Stati Uniti, Europa e Giappone con i propri satelliti, per formare una rete mondiale composta da 5 satelliti geostazionari: 3 SMS/GOES, il Meteosat1 e il GMS Himawari 1. L'esperimento duro' un anno e porto' innumerevoli risultati positivi. Ad oggi il nuovo progetto in fase di realizzazione, dell'Agenzia Spaziale Europea, è quello della messa in posto di una nuova famiglia di satelliti.Dal 2005 in poi, infatti, i satelliti Polari della serie NOAA verranno sostituiti (o per lo meno integrati) da una nuova serie di satelliti Polari Europei di nuova generazione chiamati METOP, abbreviazione di: MET
EOROLOGICAL OPERATIONAL, i quali avranno a bordo una ricchissima strumentazione scaturita dalla collaborazione fra ESA, EUMETSAT, NOAA e CNES. L'accordo è stato siglato il 18 Dicembre del 2000.




Meteosat
europei
Goes e Noaa
USA
Gms
giapponesi
Gms e Meteor
russi
Fen Yun 2A
cinesi
Insat
(India)


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SATELLITI METEREOLOGICI

Come precedentemente detto i satelliti metereologici hanno effettivamente come scopo primo l'utilizzo nelle scienze, ma, pur avendo valenza scientifica questo genere di satelliti possono avere sia una configurazione geostazionaria che polare. I geostazionari forniscono immagini aggiornate con modesta risoluzione ma con elevata frequenza rispetto ai polari in orbita e, oltre a fornirci utilissime informazioni dello stato dell'atmosfera, contribuiscono allo scambio di informazioni meteo tra le varie aree del pianeta.I polari meteorologici invece eseguono misurazioni chimico-fisiche accurate della superficie terrestre anche laddove i geostazionari non possono arrivare (aree polari).La presenza in orbita di questi due tipi di satelliti contemporaneamente, fornisce un indispensabile aiuto ai meteorologi ed alla rete di monitoraggio atmosferico. Considerando poi che un satellite pur compiendo un orbita in 90 minuti sorvola la stessa area solo 2 volte al giorno (una volta in orbita ascendente da sud a nord e dopo 12 ore un'altra volta in orbita discendente da nord a sud) in quanto la terra che sta sotto il satellite ruota, occorrono 3 satelliti geostazionari e 2 polari per poter avere un quadro sufficiente della situazione meteorologica generale dell'intera superficie terrestre.

Attualmente in orbita il numero è molto maggiore, va tuttavia segnalato che non tutti i satelliti sono in grado di comunicare tra loro per lo scambio di informazioni. La rete di monitoraggio globale CGMS che coordina le attività di scambio tra le osservazioni compiute dai satelliti meteorologici è attiva solo su una porzione della totalità dei veicoli in orbita.

Per dare una idea delle caratteristiche tecniche di simili satelliti, diamo una serie di dati approssimati che si riferiscono piu' che altro a satelliti per telecomunicazioni, ma che si adattano perfettamente a qualsiasi tipo di satellite artificiale. I collegamenti tra satellite e terra avvengono normalmente in bande di frequenza comprese tra 1 e 30 GHz, in modo da perforare la ionosfera ed evitare interferenze causate da fenomeni atmosferici. Nelle diverse direzioni di trasmissione vengono usate onde portanti di frequenza diversa per evitare interferenze; ad esempio si usera' sulla tratta terra-satellite una portante a 6 GHz e su quella satellite-terra a 4 GHz. La stazione di terra ricevente e' costituita essenzialmente da 3 parti distinte e importantissime:
  • preamplificatore a basso rumore, per evitare di confondere il segnale in arrivo dal satellite con i fastidiosi rumori termici delle apparecchiature elettroniche.
  • convertitore a frequenza intermedia (ricezione eterodina) in modo da poter lavorare il segnale captato con apparecchiature meno complesse (che lavorino cioe' a frequenze piu' basse, intermedie) ed anche per poter usare gli stessi sistemi per segnali a frequenze distinte (infatti ogni canale, a qualsiasi frequenza, viene traslato attorno alla banda intermedia per essere elaborato).
  • demodulatore (numerico o analogico), che riporta il segnale captato in una forma utile per essere compreso dai computer e dagli apparecchi elettronici. (Ad esempio demodulazione di fase o frequenza).
I satelliti Noaa che adottano questo tipo di configurazione possono garantire con solo 2 velivoli operativi un discreto servizio.

Le caratteristiche di questi nuovi satelliti faranno parte di un nuovo sistema di apparecchiature denominato "LRPT" con le seguenti caratteristiche:

Frequenze di trasmissione in Banda VHF "137.1 MHz e 137.912 MHz
  • Modulazione digitale "QPSK"
  • Larghezza di banda richiesta al ricevitore "150 KHz"
  • Codifica "Concatenata"
  • Formato dei dati "a pacchetto"
  • Risoluzione delle immagini 1.1 km !!!
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SITUAZIONE ATTUALE


Sector

Satellites currently in orbit (+type)
Op: Operational
P: Pre-operational
B: Back-up
L: Limited availability

Operator

Location

Launch date, Status

EAST-PACIFIC
(180°W-108°W)

GOES-9 (Op)

US/NOAA

135°W

(05/95) minor imager anomalies

WEST-ATLANTIC
(108°W-36°W)

GOES-8 (Op)
GOES-10 (P)
GOES-7 (B)

US/NOAA
US/NOAA
US/NOAA

75°W
105°W
90°W

(04/94) minor sounding anomalies
(04/97) in commissioning
(02/87) stand-by

EAST-ATLANTIC
(36°W-36°E)

METEOSAT-6 (Op)
METEOSAT-5 (B)
METEOSAT-7 (P)

EUMETSAT
EUMETSAT
EUMETSAT

(11/93) minor gain anomaly on IR imager
(03/91) Functional, minor imager anomaly

INDIAN OCEAN
(36°E-108°E)

GOMS-N1 (P)
FY-2 (Op)
INSAT II-B (L)
INSAT I-D (L)

RUSSIA FED
CHINA
INDIA
INDIA

76°E
105°E
93.5°E

(11/94) Disseminates 3-hourly IR images
(06/97) Operational Satellite
(07/93) Cloud imagery for domestic use but wind products available on WMO GTS

WEST-PACIFIC
(108°E- 180°E)

GMS-5 (Op)

JAPAN

140°E

(03/95) operational



Austria (ultima ad unirsi nel 1993), Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Turchia sono le 17 nazioni che partecipano al programma “europeo” di rilevamento satellitare. Queste nazioni sostengono finanziariamente i programmi dell'Eumetsat e sono i principali utilizzatori del sistema. Eumetsat e' l'organizzazione europea responsabile del lancio e del corretto funzionamento dei satelliti in orbita, della diffusione dei dati meteorologici a tutti gli utilizzatori finali e del costante monitoraggio del clima, per prevederne e prevenirne gravi od improvvisi cambiamenti. La storia dell'Eumetsat risale al lancio del primo satellite Meteosat nel 1977 a cura dell'ESA e al suo successivo piu' che positivo utilizzo nei due anni seguenti. Infatti nel novembre '79 il radiometro del Meteosat-1, che fino allora aveva raccolto immagini di eccellente qualita' per 48 volte al giorno, fu purtroppo bloccato prematuramente da un guasto ad un resistore. Il lavoro che stava svolgendo il satellite apparve indispensabile ed il completo successo dell'operazione condusse ad un congresso inter-governativo (1981-1983) che porto' alla creazione di una nuova organizzazione (1986), l'Eumetsat appunto, che eredito' interamente il programma dei satelliti Meteosat dall'ESA. Dal gennaio 1987, dopo il trasferimento della sede a Darmstadt in Germania, prese quindi avvio il lungo lavoro dell'Eumetsat e nel '91 fu subito iniziato un nuovo programma (Meteosat-7) che avrebbe dato la continuita' al sistema Meteosat fino all'anno 2000. Contemporaneamente l'ESA, a tutto vantaggio dell'Eutelsat, sostitui' il vecchio Meteosat-2 (ormai alla fine della sua riserva di carburante), con il lancio di Meteosat-3, un nuovo prototipo denominato P2, che divenne subito operativo. E' nell'1989 che Eutelsat prende il pieno controllo del progetto Meteosat e mette in orbita in sequenza i moderni Meteosat-4(1989), 5(1991), 6(1994), confinando prima il vecchio Meteosat-3 in un'orbita piu' interna, e poi riutilizzandolo a 75 gradi ovest per rimpiazzare, in un progetto di collaborazione internazionale, un satellite americano guasto. Sempre nel 1994 nasce un importante programma per la creazione di un sistema polare in aggiunta alle evoluzioni di quello geostazionario per ricavare immagini ad altissima risoluzione. L'ultimo nato dall'EUMETSAT e' il Meteosat-7 (sempre geostazionario) lanciato il 2 settembre 1997, che ora e' in attesa di istruzioni (stand-by), posizionato sul 10° meridiano OVEST. Attualmente l'Eutelsat sta comunque lavorando attivamente al progetto MSG (Seconda Generazione Meteosat) che permettera' di costruire satelliti in grado di offrire informazioni sempre piu' interessanti e dettagliate e in modo da assicurare il servizio almeno fino al 2012.

Il sistema Meteosat e' rivolto ad aiutare il servizio meteorologico nazionale di tutti gli stati membri, che poi ne diffondono le immagini e i dati pubblicamente attraverso i canali ufficiali (radio, televisioni, giornali...), mediante le previsioni del tempo che vengono proposte piu' volte al giorno. Secondariamente viene data la priorita' ai servizi meteorologici nazionali degli stati che non sono membri. Questo per continuare la tradizione di uno scambio di dati tra servizi meteorologici diversi. Ma alla fine il materiale e' reso disponibile a tutti: alle universita', o agli istituti di ricerca, per programmi di ricerca o educativi; a organizzazioni commerciali che li usano direttamente (linee aeree, navali...), oppure che si fanno promotori di un servizio pubblico (stazioni televisive, societa' private di consulenza meteorologica...). In pratica ci sono circa 2000 sistemi, localizzati in 100 nazioni, che vengono utilizzati per la ricezione in diretta delle immagini provenienti dall'Eumetsat.

Il satellite geostazionario Meteosat e' situato all'intersezione tra l'equatore e il grado 0 di longitudine (il meridiano di Greenwich) nel golfo di Guinea. La copertura e' quasi emisferica e centrata sul punto sotto al satellite e comprende quindi l'Europa, il Medio Oriente, l'Africa e l'Oceano Atlantico.

Il satellite contiene con il passare degli anni una tecnologia sempre piu' raffinata e abbondante, ma il fulcro dell'equipaggiamento rimane sempre rappresentato dal radiometro: questo e' uno strumento che e' sensibile alle radiazioni sia visibili che termiche in differenti bande spettrali ed e' in pratica l'occhio del satellite che accumula i dati ricevuti dall'analisi della superficie terrestre e produce di conseguenza delle immagini non molto diverse da quelle che si vedono alla televisione. Il radiometro infatti scansiona la terra linea per linea; ogni linea e' costituita da una serie di piccoli elementi fondamentali detti pixel. Per ogni pixel il radiometro misura le radiazioni emesse dalla porzione della superficie terrestre e le quantizza, codificandole in maniera digitale (8 bit), e le trasmette al centro di ricezione a terra.

Per ottenere una buona risoluzione ad una distanza cosi' elevata viene utilizzata una lente di 3 metri e 650! Le radiazioni, dopo essere state riflesse da una serie di specchi all'interno del radiometro finalmente giungono ai rilevatori che ne misurano l'intensita' e la convertono in un segnale elettrico. Le bande spettrali che vengono esaminate sono le seguenti:
  • VIS, cioe' nel visibile, ad una lunghezza d'onda compresa tra gli 0.5 e 0.9 micron, da cui si calcola come viene riflessa la luce visibile dalla superficie terrestre.
  • IR, cioe' a infrarossi, con una lunghezza d'onda tra i 10.5 e i 12.5 micron, da cui si calcola la radiazione emessa dalla superficie terrestre in termini di calore.
  • WV, cioe' a infrarossi ma per il vapore acqueo, con lunghezza d'onda tra 5.7 e 7.1 micron da cui si calcola la radiazione nella banda di assorbimento del vapore acqueo.
Durante l'acquisizione di una immagine, le linee vengono raccolte mediante la rotazione del satellite su se stesso ( sull'asse verticale, circa 100 rotazioni al minuto) ad ogni rivoluzione il satellite compone una linea dell'immagine nella direzione est-ovest. Ad ogni giro successivo il radiometro viene alzato verso nord per scansionare la riga superiore, in modo da coprire completamente l'angolo di 18 gradi che il satellite vede dalla sua posizione. Questo preciso lavoro (che porta all'acquisizione di un'immagine completa) e' svolto dal satellite in 25 minuti. Alla fine il telescopio (radiometro) e' riportato alla posizione iniziale ("in basso a destra") in un tempo di 5 minuti per iniziare subito una nuova scansione. E' proprio per questo motivo che il satellite Meteosat riesce a mandare "solamente" una immagine ogni mezz'ora! Ogni giorno quindi abbiamo 48 scansioni (24 ore/ 30 minuti per scansione). Dopo la ricezione a terra i pixel vengono collocati in modo da formare per ogni canale una immagine fotografica della terra. Alle differenti intensita' della radiazione misurate dal satellite viene data una particolare sfumatura di grigio in modo che l'immagine complessiva sia in bianco e nero. La trasmissione dei dati dal satellite e la conseguente ricezione a terra e' effettuata linea per linea, nell'ordine originale di scansione, contenente quindi le informazioni relative a tutte e 3 le bande spettrali (VIS, IR, WV).

Dopo la ricezione di tutto questo materiale e l'elaborazione delle immagini, i dati vengono ritrasmessi in formato digitale al satellite Meteosat il cui compito è quello di trasferirle successivamente ai fruitori: i primari ovvero gli istituti di ricerca e/o i centri di meteorologia, ed i secondari ovvero l’utente comune.

L'ESA e l'Eumetsat, come detto, hanno dal 2002 messo in orbita di una serie di satelliti meteorologici in orbita polare che hanno il compito di rimpiazzare gli odierni satelliti polari della NOAA (Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica statunitense), cioe' la serie Tiros.

I nuovi satelliti Metop (METeorological OPerational) possiedono una strumentazione fornita da ESA, Eumetsat, NOAA e l'agenzia spaziale francese CNES. Il satellite Metop pesa approssimativamente 4.5 tonnellate e vola a circa 835 km di altezza in un orbita elio-sincrona, intersecando (da nord a sud) la linea dell'equatore alle 9.30 di mattina. E' stato disegnato per essere compatibile con la navicella spaziale Ariane 5. La serie di 3 satelliti (Metop-1, 2, 3) coprira' un periodo di 14 anni, avendo calcolato che la vita media di ogni satellite è di 5 anni. Il satellite e' basato su una piattaforma di satellite polare che l'ESA sta progettando per il suo satellite ENVISAT-1, visto che sono molte le caratteristiche comuni. I primi 2, Metop-1, 2, hanno lo stesso equipaggiamento, mentre il terzo (ancora non è stato messo in orbita) sara' dotato di nuove tecnologie ed evoluzioni ancora in fase di progetto.

I dati vengono registrati in modo continuo a bordo mediante una memoria di massa e sono trasmessi sulla banda X alle stazioni di terra una volta per ogni orbita per essere elaborate e distribuite agli utenti finali entro 3 ore. Sara' possibile, con il terzo dei satelliti, anche una diffusione a terra diretta tramite un collegamento ad alta velocita' ed uno a bassa.

Questa missione esaudira' ogni richiesta europea in ambito meteorologico e di monitoraggio del clima. I satelliti METOP continueranno anche parte della missione iniziata dai satelliti ERS (per il telerilevamento) e saranno di complemento agli ENVISAT della ESA.

Quella che segue è una breve lista degli strumenti che fanno e faranno parte del carico previsto per i satelliti METOP, con il loro utilizzo e l'ente fornitore:

 

Strumento 

Definizione

Applicazione

Fornitore

AMSU-A

Rilevatore avanzato a microonde

Rilevamento del ghiaccio marino

NOAA

ARGOS DCS

Sistema di raccolta dati

Raccolta dei dati climatici e meteorologici

CNES

ASCAT

Scatterometro avanzato

Situazione degli oceani, vento in superficie, ghiaccio

ESA

AVHRR/3

Radiometro avanzato a risoluzione molto alta 

Tutte le immagini, misure oceaniche, nubi, radiazione terrestre, telerilevamento

NOAA

GOME

Esperimento di monitoraggio dell'ozono

Analisi costituenti minori dell'atmosfera; quantita' di ozono 

ESA/Eumetsat

GRAS

Ricevitore del Sistema di posizionamento globale per il rilevamento atmosferico

Rivelamento indice di rifrazione dell'atmosfera 

ESA/Eumetsat

HIRS/4

Rivelatore ad infrarosso ad alta risoluzione

Rilevamento globale, componenti minori dell'atmosfera

NOAA

IASI

Rivelatore interferometrico atmosferico all'infrarosso

Rlevamento globale, misure oceaniche, nubi, radiazioni terra, telerilevamento... 

CNES/Eumetsat

MHS

Rivelatore di umidita' a microonde

Rilevamento globale, ghiaccio, nubi 

Eumetsat

SEM 

Monitoraggio dello spazio

Monitoraggio delle radiazioni provenienti dallo spazio

NOAA 

S & R

Richieste e messaggi di aiuto

Scopi umanitari

CNES 



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DATI AGGIORNATI

Ad oggi i satelliti di cui sopra vengono però temporaneamente criptati o messi in stand by per le più svariate motivazioni, non ultime quelle legate a vincoli e segreti militari.

Risulta infatti da dati recenti che l'anziano satellite Polare NOAA12 è stato nuovamente disattivato per evitare interferenze R.F. con il satellite NOAA15 . Il NOAA12 periodicamente viene posto in Stand-By per evitare interferenze R.F. con il satellite NOAA15 rese possibili dal fatto che entrambi i satelliti impiegano la stessa frequenza di lavoro. E' presumibile che la sua prossima riattivazione avvenga intorno al 20 Aprile 2003, quando cioè le aree di ricezione dei due satelliti cesseranno di intersecarsi e non sarà più presente quindi il rischio di reciproche interferenze. Sempre da alcuni giorni il vecchio satellite NOAA14 ha ripreso a trasmettere immagini HRPT, essendo stato precedentemente disattivato a causa di immagini difettose presentate durante i mesi estivi del 2002 e quindi disattivato appunto dal Centro Spaziale NOAA.


L’immagine, ricevuta dal satellite NOAA16 il 31 Marzo 2003 alle ore 13.27 e centrata sull'Iraq, evidenzia a Sud del lago di Tharthar una singolare macchia scura-diffusa dovuta alle colonne di fumo che si stavano sviluppando in quel momento intorno alla città di Baghdad in conseguenza della attività bellica in corso. La zona è in parte coperta da nubi sottili e stratificate.

In figura una immagine danneggiata indice del difetto del satellite NOAA 14


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APPLICAZIONE NELLA RICERCA DELLE DISCARICHE ABUSIVE

Il telerilevamento e le discariche

Mediante l'utilizzo di particolari tecniche di elaborazione del segnale telerilevato, che sfruttano la differente risposta spettrale degli oggetti osservati e la loro tipologia rispetto al contorno, è possibile identificare una discarica fra diversi elementi che compongono il territorio.

L'approccio classico consente di operare attraverso due criteri di analisi: la valutazione di grandezze fisiche dirette (metodi diretti), sfruttando ad esempio la risoluzione geometrica e spettrale e la valutazione di grandezze fisiche collegate a quelle dirette (metodi indiretti), come ad esempio gli indici di vegetazione e la loro evoluzione temporale.
    1. metodi di analisi diretta:
      a) risoluzione geometrico-spettrale;
      b) estrapolazione di classi e categorie
    2. metodi di analisi indiretta:
      a) studio dell’evoluzione degli indici di vegetazione;
      b) studio dell’umidità dei suoli.

Metodi diretti

Il problema dell'individuazione di una discarica pone l'accento sulle capacità risolutive, sia geometriche che spettrali, del sensore utilizzato; caratteristiche fondamentali del sensore sono:
  • ottima risoluzione geometrica;
  • limitata risoluzione spettrale;
  • possibilità di riprese "ad hoc".
Tuttavia, il problema principale che ci si trova ad affrontare in questo tipo di ricerche è quello radiometrico, in quanto le due bande a disposizione permettono una limitata combinazione.


Metodi indiretti

In questo modo vengono definiti i metodi di analisi che si basano su grandezze e parametri rilevabili mediante TLR, che possono essere indicatori dei fenomeni che si intendono studiare e ai quali sono legati in via indiretta. Esempio tipico è l'inerzia termica, legata non solo alle caratteristiche superficiali ma anche a quelle volumetriche dei materiali, ovvero, nel nostro caso, dei suoli.
Questa applicazione risulta possibile solo con il telerilevamento aereo e non anche con quello satellitare, perché le riprese devono essere effettuate in due momenti precisi nell'arco delle 24 ore, corrispondenti al minimo e al massimo carico solare (alba e mezzogiorno).

Un altro metodo è legato all'utilizzo degli indici di vegetazione o, in alternativa, non avendo a disposizione le opportune bande, allo studio della vegetazione e dei suoli attraverso l'analisi della temperatura e dell'evapotraspirazione. La vegetazione può infatti essere vista come trasduttore sia della situazione ambientale circoscritta, e quindi anche alla situazione non esclusivamente superficiale, sia di modifiche ambientali in atto. Questo tipo di indagine richiede, nella maggior parte dei casi, voli multitemporali, sia per la ricerca di fattori ambientali che variano nell'arco delle stagioni, sia per analisi comparative di tipo temporale.

Parametri importanti per lo studio del territorio a questi fini sono l’evapotraspirazione e la temperatura superficiale.

L’evapotraspirazione (ETR) é la parte di acqua ceduta all’atmosfera attraverso il terreno e le piante ed é quindi un buon indicatore sia della presenza stessa di vegetazione, che di bilanci idrici.

La temperatura di una superficie dipende dalla ripartizione del flusso di energia in flussi di calore sensibile, di calore latente e di calore che si disperde sotto la superficie. Questa ripartizione é funzione della natura stessa del corpo (colore, dimensioni, forma, rugosità, esposizione) e delle condizioni al contorno (velocità del vento, profili di temperatura e di umidità dell’aria, nuvolosità, angolo di inclinazione del sole, turbolenza vicino alla superficie, moti convettivi e di avvezione, ecc.). La temperatura superficiale é quindi, in prima approssimazione, un indice dello stato idrico: a parità di condizioni ambientali, una pianta ben idratata traspira molto di più di una stressata, cedendo così energia e quindi raffreddandosi.

La temperatura superficiale é misurabile tramite TLR da aereo con scanners che misurano l’energia elettromagnetica emessa dalla superficie terrestre.

Per il calcolo della evapotraspirazione dei suoli sarebbe necessario effettuare diverse misure di temperatura superficiale in momenti opportuni della giornata.


Tipologia delle discariche
    - Identificazione tramite TLR -
Le discariche sono la tipologia preponderante di sito contaminato. Le loro dimensioni variano dai 40-50 mq per piccoli scarichi locali ai 200.000-400.000 mq per accumuli consistenti ma presentano mediamente superfici variabili tra i 10.000 ed i 60.000 mq. La maggior parte delle discariche è situata:
  • nelle periferie delle aree urbane, lungo i bordi di piazzali e nelle scarpate di strade e autostrade;
  • nelle aree verdi;
  • in corrispondenza di cave esaurite o ancora attive, nei depositi alluvionali e negli alvei;
  • nei terreni abbandonati o che hanno subito un recupero parziale ma non per uso agricolo;
  • all'interno di aree dismesse (ad esempio ex zone industriali in fase di bonifica).
Queste classi si differenziano in base ad un potenziale di riconoscimento radiometrico e quindi ad un contrasto spettrale fra discarica e zone confinanti.

La presenza di acqua libera (o di forti umidità) permette un riconoscimento pressochè assoluto in forza dell'alto assorbimento dell'infrarosso da parte dell'acqua e nel contempo dello scarsissimo assorbimento della radiazione ultravioletta.


    - Individuazione di discariche tramite TLR -
Per una attivita' di ricerca di discariche tramite il TLR e' necessario individuare una metodologia che definisca le azioni da intraprendere in una "indagine tipo", sia in termini di attivita' propedeutiche preliminari che in termini di attivita' relative alla ricerca specifica.

Se le discariche sono inerbite o comunque vegetate, non possono essere utilizzate per un'estrapolazione del comportamento spettrale. Pertanto, proprio in questo settore che operativamente parlando può essere definito quello più interessante, è opportuno procedere con metodologia diversa dall’analisi diretta che vedremo a breve.

Riassumiamo quindi i punti fondamentali che chiariscono i limiti di indagine del TLR da aereo:
  • l'energia riflessa misurata dai sensori di bordo indica la riflettanza del primo elemento che la radiazione colpisce. Se una discarica di inerti (resti dell'attività edilizia) abbandonata è completamente ricoperta da un manto erboso, i valori di riflettanza riscontrabili sono ovviamente quelli relativi alla risposta spettrale della vegetazione e non quelli relativi agli inerti o al suolo autoctono;






  • le discariche a cielo aperto o ricoperte di terreno nudo o ancora non vegetate, possono essere classificate per via diretta. Esiste però un'ampia variabilità di risposta spettrale sia tra discariche dello stesso tipo che di tipi diversi, condizionata da numerosi fattori tra cui il colore dei materiali scaricati, la loro umidità, l'ampiezza e la forma della discarica ed il numero di pixel puri e misti o, nel caso di misure all'UV, la disposizione casuale delle superfici riflettenti o il forte riscaldamento durante il giorno;

  • campi arati, suoli nudi, aree non agricole e non urbanizzate, cave, possono rispondere come le aree a discarica creando problemi di discriminazione tra queste classi;

  • con le analisi multitemporali, con l'elaborazione degli indici di vegetazione e con il calcolo dell'umidità dei suoli o dell'evapotraspirazione del binomio suoli-vegetazione, è possibile definire con buon grado di accuratezza l'evoluzione della biomassa, evidenziando anomalie imputabili al degrado del territorio e ottenendo cosi' degli indicatori che consentono di risalire all'eventuale presenza di discariche.
Quindi, i vantaggi attribuibili all'uso di tecniche di TLR per il riconoscimento e la classificazione delle discariche possono riassumersi nei seguenti punti:
  • sinotticità dei dati e ripetitività di controllo costante nel tempo;

  • analisi multitemporale in tre stagioni diverse, che consentono di discernere i campi nudi, perchè arati e/o in attesa di semina, dai campi naturalmente inerbiti. L'analisi multitemporale si ricollega all'indagine indiretta per la classificazione che permette di risalire alla classe "discarica" escludendo le classi che presentano caratteristiche ben definite e riconosciute.

  • possibilità di generalizzare ed estrapolare i dati una volta individuata la classe d'interesse.


    - Idrocarburi in acqua -
Nell'ambito degli interventi di recupero di olii sversati in mare, nonchè nel corso delle campagne di valutazione del danno ambientale che ne consegue, il telerilevamento assume un ruolo di primo piano, soprattutto in considerazione delle particolari attitudini di alcuni sensori, progettati proprio per la rilevazione della presenza di olii minerali in acqua.

Il telerilevamento costituisce uno strumento sicuramente efficace per ottenere un aggiornamento rapido e costante sull'evoluzione complessiva dei fenomeni, fornendo un quadro di insieme difficilmente ottenibile con altri metodi; ciò consente, ad esempio, di attivare gli interventi di recupero con la dovuta tempestività e specificità, oppure di pianificare al meglio le operazioni di monitoraggio locale degli ambienti colpiti.

Una corretta interpretazione dei dati telerilevati in mare richiede spesso l'integrazione con informazioni aggiuntive quali:
  • misure effettuate localmente in modo diretto (ad esempio, la temperatura del mare, la composizione chimico-fisica delle acque e dei sedimenti, ecc.);
  • informazioni disponibili in merito all'andamento medio statistico di alcune grandezze relative alla zona osservata.
Un'ultima considerazione riguarda, infine, ciò che avviene quando il petrolio raggiunge le coste; esso può subire destini variabili e provocare una serie di effetti che sono condizionati da due importanti fattori: il livello di energia della costa (grado di esposizione all'energia del moto ondoso) ed il tipo di substrato.

Come si può immaginare da quanto detto, la fenomenologia degli oil spills (così vengono comunemente indicati gli sversamenti di olio in mare) è estremamente complessa e dipende da una grande quantità di fattori che non sempre è possibile identificare e/o quantificare.

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